Di letti e giacigli: il modesto sonno del soldato
Come si dormiva nel tardo '400?
Vi sono fonti per questo aspetto del quotidiano in ambito militare?
Senza dubbio si tratta di domande rivolteci con frequenza, sia dai visitatori che dai neofiti impegnati per la prima volta nelle ricostruzioni full-immersion promosse da FAMALEONIS.
A proposito di "Equipaggiamento dell'uomo d'arme e del pedone", il condottiero Orso degli Orsini - che prestò servizio, tra l'altro, al soldo di Alfonso d'Aragona e di Francesco Sforza - nel 1476 consigliava esplicitamente quanto segue nel suo Governo et exercitio della Militia (si ringrazia Luigi Battarra per la preziosa segnalazione):
«Vorriase ordinare che neuno homo d'arme potesse portare in campo lecto, lectère, casse, nè tavole, nè sproveri da lecto. Ma solo la tenda, una goverta et lenczuli, con uno paro de ceste per conservare la robba» [1].
«Vorriase ordinare che neuno homo d'arme potesse portare in campo lecto, lectère, casse, nè tavole, nè sproveri da lecto. Ma solo la tenda, una goverta et lenczuli, con uno paro de ceste per conservare la robba» [1].
Argomentando a contrario, la suddetta proibizione mette a nudo abitudini che possiamo supporre alquanto diffuse tra gli uomini d'arme (la categoria di combattenti più agiata e avvezza alle comodità ) e, perciò stesso, da reprimere fermamente: portare con sè dotazioni ingombranti, infatti, avrebbe richiesto un impiego extra di casse, bestie da soma e mezzi di trasporto, con evidente impaccio logistico e rallentamento degli spostamenti.
L'analisi del testo dell'Orsini consente di concludere che la priorità di molti fosse quella di dormire ben sollevati da terra, al riparo dall'umidità del terreno.
La lectèra, infatti, citata anche come letìca e nell'accezione diminutiva lectirola, identifica molto chiaramente una struttura composta da un assito ligneo poggiante su trespidi o cavalletti, sulla quale veniva posto il lecto vero e proprio, ossia un saccone perlopiù imbottito di penne/piume di gallina o anatra, assimilabile, in buona sostanza, all'odierno materasso.
La lectèra, infatti, citata anche come letìca e nell'accezione diminutiva lectirola, identifica molto chiaramente una struttura composta da un assito ligneo poggiante su trespidi o cavalletti, sulla quale veniva posto il lecto vero e proprio, ossia un saccone perlopiù imbottito di penne/piume di gallina o anatra, assimilabile, in buona sostanza, all'odierno materasso.
Nella lettiera, l'alternativa all'asse di legno soprastante era costituita da stuoie, canne e cannicci. Si tenga conto, in ogni caso, che questi ultimi potevano anche semplicemente essere posati sul pavimento, adagiandovi sopra il materasso, che dalla documentazione rinvenuta risulta in tessuto di lino, pignolato (misto di lana e canapa) o accia (filato grezzo, di lino o canapa); in diverse abitazioni del contado non sono infrequenti anche giacigli "spartani", improvvisati con paglia e sistemati su stuoie.
Sono curiosamente attestate anche tipologie di lettiere snodate e portatili, assai pratiche in caso di trasferta; in territorio romagnolo, ed in particolare nel riminese, si documentano in buona quantità , realizzate in legno di abete, noce e larice.
Esisteva poi la cariola, ossia una lettiera bassa che di giorno, nelle dimore con poco spazio, era tenuta sotto il letto principale e la notte veniva estratta (era, infatti, dotata di ruote).
Tornando al testo citato in apertura, troviamo anche gli sproveri, corrispondenti ai baldacchini, applicati sia a letti di grandi che di piccole dimensioni.
Di primo acchito, il desiderio di un uomo d'arme di portarsi appresso un baldacchino con cortine potrebbe apparire atteggiamento meramente lezioso, se non addirittura ridicolo. Nella realtà , se si pensa alla gran quantità di zanzare e di insetti molesti infestanti foreste e zone paludose - specie durante la buona stagione - l'espediente si rivela di grande utilità per trascorrere sonni tranquilli!
Di primo acchito, il desiderio di un uomo d'arme di portarsi appresso un baldacchino con cortine potrebbe apparire atteggiamento meramente lezioso, se non addirittura ridicolo. Nella realtà , se si pensa alla gran quantità di zanzare e di insetti molesti infestanti foreste e zone paludose - specie durante la buona stagione - l'espediente si rivela di grande utilità per trascorrere sonni tranquilli!
Circa la coperta (goverta, più frequentemente coltre), il Delucca osserva che quella «in uso nelle abitazioni quattrocentesche nel contado riminese è fatta solitamente di panno grosso, raramente di lino o foderata di lino. Circa il colore, tranne pochi esempi di nero o di bianco, riservati alle case medio-ricche, domina prepotente, incontrastato, l'azzurro. Infatti le tintorie si servono con priorità della più importante essenza vegetale prodotta in loco (il guado), che finisce per "marcare" in misura sensibile il colore degli spazi domestici» [2].
Concludo segnalando che, in linea con le prescrizioni dell'Orsini, il Regolamento dell' Associazione Culturale FAMALEONIS non prevede l'uso di lettiere in accampamento bensì un semplice saccone in lino grezzo o canapa, da posare preferibilmente su di una stuoia:
REGOLAMENTO FAMALEONIS - Equipaggiamento personale
Riferimenti bibliografici
[1] P. PIERI (a cura di), "Il Governo et Exercitio de la Militia" di Orso degli Orsini e i "Memoriali" di Diomede Carafa, Napoli, 1933, par. X, p. 41;
[2] O. DELUCCA, L'abitazione riminese nel Quattrocento. Parte Seconda. La Casa Cittadina (vol. 2), Stefano Patacconi Editore, Rimini, 2006, pp. 1865 e ss.; O. DELUCCA, L'abitazione riminese nel Quattrocento, Parte Prima. La Casa Rurale, Stefano Patacconi Editore, Rimini, 1991, pp. 405 e ss.
Autore: ANDREA CARLONI (2013)
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