Siamo lieti di annunciare che l'Associazione Culturale Famaleonis ha recentemente arricchito il proprio patrimonio storico attraverso l’acquisizione di una replica museale del farsetto appartenuto a Don Diego Cavaniglia, nobile del Quattrocento italiano. Il manufatto, di rilevante valore storico e didattico, è stato realizzato con straordinaria accuratezza dalla rinomata esperta di costume Paola Fabbri, dalla quale è stato direttamente acquisito.
L’iniziativa è il frutto di un rapporto di lunga data con Paola Fabbri, fondato non soltanto su una solida e proficua collaborazione professionale, ma anche su un autentico legame di amicizia, maturato e consolidato nel corso degli anni.
Il progetto di acquisizione nasce dalla volontà condivisa di valorizzare un capo d’abbigliamento emblematico della seconda metà del XV secolo, restituendogli visibilità e centralità nel contesto della divulgazione storica.
Il farsetto, per la sua fedeltà al modello originale e l’elevata qualità esecutiva, rivestirà un ruolo centrale nelle attività educative promosse dall’Associazione Culturale Famaleonis.
La qualità museale della sua realizzazione ne fa un valido supporto per illustrare l’evoluzione del costume nobiliare e le tecniche sartoriali della seconda metà del XV secolo.
Inserito nei percorsi didattici e divulgativi dell’Associazione, questo manufatto offrirà a ricostruttori storici, studenti e studiosi uno strumento concreto e tangibile per approfondire la conoscenza della cultura materiale del tardo Medioevo e del primo Rinascimento.
Un Tuffo nella Storia di Don Diego Cavaniglia
Diego Cavaniglia, nacque nel 1448, figlio di Garzia I Cavaniglia, nobile spagnolo della stirpe dei Cabanilla o Cabanillas (poi italianizzato in Cavaniglia) di Valenza, giunto in Italia al seguito di Alfonso V d'Aragona. Garzia fu conte di Troia. La madre di Diego, Giulia Caracciolo, era nipote di Sergianni Caracciolo, gran siniscalco del Regno di Napoli.
Figlio terzogenito della coppia, Diego perse il padre nel 1453, morto durante la guerra in Toscana. Rimasto orfano in giovane età, fu posto sotto la protezione del re di Napoli, Alfonso V d'Aragona, e successivamente del suo successore, Ferrante. Diego crebbe alla corte degli Aragona a Napoli, immerso nell'ambiente della nobiltà e della politica del Regno.
Le cronache dell'epoca raccontano di una relazione amorosa tra il giovane Diego ed Eleonora d'Aragona, primogenita di Re Ferrante di Napoli. Questo legame, nato durante l’adolescenza, fu però spezzato per ragion di Stato. Eleonora, infatti, era destinata a un matrimonio strategico: promessa sposa a Ercole I d'Este, duca di Ferrara, uno degli uomini più potenti del suo tempo.
Nel 1477, Don Diego unì il suo destino a quello di Margherita Orsini, discendente della prestigiosa famiglia dei duchi di Gravina. Da questa unione nacquero due figli: Troiano (1479-1528) e Nicolina (1480-1566). Successivamente, dopo aver ricevuto i titoli di Conte di Montella, Bagnoli e Cassano, Don Diego prese la decisione di allontanarsi dalla corte aragonese di Napoli. Si stabilì nella rocca di Montella, in Irpinia, cuore pulsante del suo feudo e centro delle sue attività signorili.
Don Diego morì nel 1481, pochi anni dopo, durante l'assedio di Otranto. Colpito al ginocchio da una freccia nel corso di uno degli assalti alle mura, fu trasportato al castello dei principi Castriota di Copertino, dove ricevette le prime cure. Tuttavia, le ferite si rivelarono fatali e Don Diego spirò pochi giorni dopo.
La sua salma fu riportata a Montella, dove trovò eterna dimora nella chiesa di San Francesco. Qui, la moglie Margherita Orsini, profondamente segnata dal dolore e dall'amore per il marito, commissionò allo scultore milanese Jacopo della Pila un magnifico sarcofago marmoreo. L'opera, decorata con la sua effigie, rappresenta un tributo alla memoria di Don Diego e un esempio di straordinaria arte rinascimentale.
Il Ritrovamento
La storia del ritrovamento dei resti di Don Diego Cavaniglia nella chiesa di San Francesco a Montella è intrecciata a eventi drammatici e scoperte straordinarie.
Nel 1980, il terremoto che sconvolse l'Irpinia causò gravi danni alla chiesa, portando a lavori di consolidamento eseguiti in fretta. Durante questi interventi, il monumento funebre di Don Diego fu smontato, e i suoi resti, ancora sorprendentemente ben conservati, vennero avvolti in teli di plastica e collocati provvisoriamente nell’intercapedine di un muro.
Per oltre vent’anni, questi resti furono dimenticati. Solo nel 2004, grazie alla curiosità e alla determinazione di Frà Agnello Stoia, custode del convento francescano, vennero rintracciati. Il frate, ascoltando i racconti degli operai che avevano lavorato nella cappella, recuperò i resti del giovane conte, che si rivelarono ancora rivestiti dei suoi abiti funebri originali, tra cui spiccava il prezioso farsetto.
La replica
Paola Fabbri, che partecipò al restauro originale insieme alla Dott.ssa Lucia Portoghesi, ha realizzato questa straordinaria replica con un'eccezionale attenzione alla fedeltà storica. Utilizzando tecniche e materiali propri dell’epoca, ha garantito un risultato di grande autenticità e accuratezza.
Il farsetto è realizzato in damasco di seta avorio, decorato con un motivo a melagrana, tipico dei tessuti rinascimentali.
La struttura anteriore è composta da due pannelli, chiusi fino al punto vita da 25 piccoli bottoni di 5 mm di diametro, arricchiti da impunture e occhielli rinforzati con anellini metallici.
La parte posteriore, invece, è formata da quattro pannelli, due superiori e due inferiori, che danno forma alle falde. Ogni dettaglio della costruzione presenta impunture decorative, eseguite con una precisione tale da ricordare una lavorazione moderna, nonostante sia stata realizzata con tecniche storiche.
Le maniche, divise in due sezioni, offrono particolari significativi come occhielli per stringhe decorative e un'apertura che si estende dal polso al gomito, chiusa da quattro bottoni. Questi dettagli richiamano le funzioni pratiche e decorative presenti nella moda del tempo.
Le impunture, distanziate di 4 mm l'una dall'altra e realizzate con filo di seta a tre capi, decorano l'indumento, mentre la fodera, probabilmente in ormesino (1) avorio, mostra segni di ossidazione dovuti al tempo.
Un aspetto affascinante è l'asimmetria del farsetto, che riflette la particolare corporatura del conte, sviluppata per l'addestramento militare fin dall'infanzia.
Con questa acquisizione, l’Associazione Culturale Famaleonis conferma il proprio impegno nella promozione della ricerca storica e nella valorizzazione del patrimonio culturale dell’Italia quattrocentesca.
La replica del farsetto appartenuto a Don Diego Cavaniglia rappresenta non solo un oggetto di studio di grande interesse, ma anche un emblema della filosofia associativa, da sempre orientata all’accuratezza nella ricostruzione e alla diffusione della conoscenza storica.
Coloro che desiderano approfondire la conoscenza di questo capo e, più in generale, della moda del XV secolo, possono rivolgersi all’Associazione Famaleonis per partecipare a eventi, percorsi didattici e incontri tematici dedicati alla cultura materiale del tardo Medioevo e del Rinascimento.
Per maggiori informazioni vi suggeriamo la pubblicazione di Paola Fabbri “La moda italiana nel XV secolo. Abbigliamento e accessori” edita da Bookstones.
Note:
1 - L'ormesino è un tipo di tessuto pregiato in seta, caratterizzato da una trama leggera e lucida. Deve il suo nome ai naviganti provenienti dalla città di Hormuz, un importante porto situato sullo stretto omonimo, tra il Golfo Persico e l'Oceano Indiano.
Fonti Bibliografiche:
Fra Agnello Stoia, Diego Cavaniglia, La rinascita di un conte, Montella, 2010. Centro Francescano di Studi sul Mediterraneo.
Timothy McCall, Brilliant Bodies Fashioning Courtly Men in Early Renaissance Italy, 2022, Penn State University Press
Erasmo Ricca, La nobiltà del Regno delle Due Sicilie per Erasmo Ricca, Napoli, 1859
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